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  • Immagine del redattoreYlenia Ferrara

Il legame di attaccamento

Il legame di attaccamento è una spinta innata a cercare la vicinanza di una persona che viene ritenuta come più capace o esperta che può dare cura e protezione.

I bambini quando nascono non sono autonomi, ricercano quindi questo legame con chi fornisce loro cura e protezione: questa persona verrà chiamata figura d’attaccamento (molto spesso la madre ma non necessariamente). Questa spinta al legame di attaccamento è innata, volta ad agire una meta specifica capace di regolare e organizzare il nostro comportamento e le nostre emozioni. L’attaccamento è uno dei sistemi che Gianni Liotti chiama Sistemi Motivazionali Interpersonali. Essi vengono descritti da Liotti come tendenze universali, biologicamente determinate e selezionate su base evolutiva. Ciascun sistema motivazionale interpersonale è concepibile come un sistema capace di regolare il comportamento sociale e l’esperienza emozionale. Nel momento in cui si attivano socialmente, i Sistemi Motivazionali Interpersonali orientano il comportamento interpersonale, le emozioni e il rapporto sé-altro.


La teoria dell’attaccamento di Bowlby


John Bowlby è ritenuto il padre della Teoria dell’Attaccamento, tale teoria prende spunto dagli esperimenti di Harlow con i macachi che fornirono a Bowlby il fondamento scientifico che egli riteneva necessario per evolvere dall’impronta psicoanalitica.

Harlow aveva dimostrato come, in una serie di esperimenti, i piccoli di scimmia venivano messi a confronto con una madre fantoccio, fatta di freddo metallo, alla quale era attaccato un biberon e con un’altra madre fantoccio senza biberon, ma coperta di una stoffa morbida, spugnosa e pelosa. Le piccole scimmie mostrarono una chiara preferenza per la madre di stoffa passando fino a diciotto ore al giorno attaccate ad essa, come avrebbero fatto con le loro madri reali. Il legame che i cuccioli di macaco sviluppavano con il fantoccio più soffice e caldo era tale che, nel momento in cui gli sperimentatori mostravano loro uno stimolo pauroso (un pupazzo), essi cercavo protezione aggrappandosi a questo, riuscendo così a calmarsi e a tornare ad esplorare l’ambiente dopo poco tempo; il sostituto materno ricoperto di tessuto costitutiva, così, un rifugio sicuro in cui le piccole scimmie spaventate potevano trovare conforto e protezione.


Tale meccanismo è proprio anche dell’essere umano, come riscontrato da Bowlby nei suoi numerosi contributi: la figura di attaccamento, infatti, rappresenta per il bambino un’importante fonte di protezione e di sicurezza oltre che di nutrimento e, in questo senso, il comportamento di attaccamento si attiva proprio nel momento in cui il bambino sperimenta una situazione di pericolo e di minaccia, terminando poi nel momento in cui viene ripristinato il suo stato di sicurezza.

Sulla base di quanto detto, è possibile affermare che il legame di attaccamento sia più del soddisfacimento del bisogno primario di nutrizione ma anche e soprattutto la vicinanza protettiva ad una figura in grado di aiutare e proteggere nel momento di difficoltà o pericolo.


Affinché la figura d’attaccamento possa ricoprire tale ruolo, tuttavia, è necessario che sia disponibile a cogliere i segnali di paura e disagio manifestati dal bambino e che sia pronta ad offrirgli, poi, conforto e accudimento (l’accudimento è un altro dei sistemi motivazionali interpersonali che ha come meta quella di dare cura e protezione a qualcuno in difficoltà). In questo senso la sensibilità e la responsività della figura di riferimento verso i bisogni emotivi e fisici del bambino sono fondamentali per lo sviluppo delle abilità sociali e della capacità di regolazione emotiva. Tale affermazione assume maggiore rilevanza alla luce del fatto che, secondo la teoria proposta da Bowlby, il comportamento di attaccamento è guidato da rappresentazioni cognitive interne, definite Modelli Operativi Interni (MOI) che si formano all’interno della relazione caregiver-bambino. Nello specifico, a seconda del tipo di risposta che il bambino riceve dai suoi genitori, nel momento in cui chiede loro aiuto e protezione, organizza un insieme di aspettative e memorie che lo guidano nella costruzione dell’immagine che ha di sé stesso ed allo stesso tempo dell'altro. Pertanto, a partire da tali modelli, che vengono progressivamente interiorizzati, il bambino si crea delle aspettative non solo rispetto alle future interazioni che intratterrà con gli altri ma anche rispetto alle risposte che si attenderà negli scambi relazionali e comunicativi con loro.

Riprenderemo i MOI più avanti in questo articolo.


Strange Situation


Per capire quale tipo di attaccamento i bambini sviluppano nei confronti della propria figura d’attaccamento Mary Ainsworth ideò nei tardi anni ’60 un valido strumento di indagine, la Strange Situation, per classificare i tre pattern di base, riscontrabili in bambini di età prescolare.

La Strange Situation si concretizza in venti minuti di osservazione in cui si trovano in una stanza il bambino, la mamma e un estraneo. Dopo una prima fase di gioco, in presenza della mamma, quest’ultima viene invitata ad uscire per poi farla rientrare dopo qualche minuto. In quella occasione si possono osservare i diversi comportamenti e le reazioni emotive del bambino in presenza della madre, al momento della separazione da questa ed in compagnia di un estraneo, e nel momento del ricongiungimento.

La Ainsworth, dall’osservazione di gruppi di bambini che si ricongiungevano alla madre, dopo essere stati separati, distinse quanto segue: un primo gruppo manifestava sentimenti positivi verso la madre, un secondo mostrava relazioni marcatamente ambivalenti ed un terzo intratteneva con la madre relazioni non espressive, indifferenti o ostili.

Da qui si dedussero diversi stili di attaccamento:

  • Stile Sicuro: il bambino si fida e si affida al supporto della figura di attaccamento, sia in condizioni normali sia di pericolo. In questo modo, il bambino si sente libero di poter esplorare il mondo. Tale stile è determinato dalla presenza di una figura sensibile ai segnali del bambino, disponibile e pronta a concedergli protezione nel momento in cui il bambino lo richiede. Questi bambini alla Strange Situation protestano quando vengono separati dalla mamma ma poi riescono a calmarsi velocemente nel momento della riunione. I tratti che caratterizzano questo stile sono: sicurezza nell’esplorazione del mondo, convinzione di essere amabile, nessun timore di abbandono, fiducia nelle proprie capacità e in quelle degli altri.

  • Stile Insicuro Evitante: questo stile è caratterizzato dalla convinzione del bambino che, alla richiesta d’aiuto, non solo non incontrerà la disponibilità della figura di attaccamento, ma addirittura verrà rifiutato. Così facendo, il bambino costruisce le proprie esperienze facendo esclusivo affidamento su se stesso, senza il sostegno degli altri, ricercando l’autosufficienza anche sul piano emotivo. Questi bambini alla Strange Situation non protestano quando vengono separati dalla mamma ed evitano il contatto al momento della riunione. Le madri di questi bambini risultano essere rifiutanti e poco sensibili ai messaggi del bambino. I tratti che maggiormente caratterizzano questo stile sono: insicurezza nell’esplorazione del mondo, convinzione di non essere amato, percezione del distacco come “prevedibile”, tendenza all’evitamento della relazione per convinzione del rifiuto, apparente esclusiva fiducia in se stessi e nessuna richiesta di aiuto.

  • Stile Insicuro Ansioso Ambivalente: il bambino non ha la certezza che la figura di attaccamento sia disponibile a rispondere ad una richiesta d’aiuto. Per questo motivo l’esplorazione del mondo è esitante, ansiosa e il bambino sperimenta angoscia per la separazione. Alla Strange Situation questi bambini piangono per la separazione e non riescono a calmarsi nel momento del ricongiungimento. Questo stile è promosso da una figura d’attaccamento che è disponibile in alcune occasioni ma non in altre e da frequenti separazioni. I tratti che maggiormente caratterizzano questo stile sono: insicurezza nell’esplorazione del mondo, convinzione di non essere amabile, incapacità di sopportare distacchi prolungati, ansia di abbandono, sfiducia nelle proprie capacità e fiducia nelle capacità degli altri.

Dalle osservazioni derivanti della Strange Situation è emerso che alcuni bambini manifestavano comportamenti non riconducibili a nessuno dei tre pattern descritti. Di conseguenza, è stato definito un quarto stile di attaccamento da parte di Main e Salomon: disorientato/disorganizzato.

  • Stile Disorientato/Disorganizzato: il bambino si mostra disorientato/disorganizzato, ovvero manifesta ansia, pianto, si butta sul pavimento o porta le mani alla bocca con le spalle curve, gira in tondo, manifesta comportamenti stereotipati, e assume espressioni simili alla trance in risposta alla separazione dalla figura di attaccamento. Il comportamento di questi bambini, sembra dunque esprimere momenti di generale confusione, verosimilmente legati ad una profonda incapacità di organizzare efficacemente, oltre che di orientare, il comportamento stesso e l’affettività, anche perché accompagnati da atteggiamenti visibilmente impauriti e rigidi. Un comportamento di un bambino con questo stile di attaccamento può essere quello di ricongiungersi alla mamma con la testa girata dall’altro lato. Le figure di attaccamento di questi bambini presentano una percentuale maggiore di lutti o traumi non elaborati (es. memorie di maltrattamenti, abusi, violenze fisiche e psicologiche).

MOI ed effetti dell’attaccamento sullo sviluppo futuro


Possiamo definire i Modelli Operativi Interni come una “bussola cognitiva” che ci guida nel mondo influenzando comportamenti, scelte e aspettative. L’idea che abbiamo di noi stessi è il riflesso delle informazioni che abbiamo ricevuto, fin dall’infanzia, dalla persona che si è occupata di noi. In termini concreti: chi fin da piccolo è trattato male, penserà di non meritarsi di meglio. I modelli operativi interni sono pronti a emergere con forza soprattutto nei momenti di vulnerabilità. I riflessi dei MOI si possono evidenziare osservando il bambino nel suo ambiente (come interagisce con altri bambini, come si comporta con le figure significative) e in tutte le relazioni interpersonali che egli maturerà nella vita. I MOI, infatti, tendono a mantenersi stabili nel tempo.

Lo stile di attaccamento che il bambino sviluppa con la propria figura d’attaccamento ha diversi effetti sullo sviluppo del bambino. Ha una forte influenza sulla formazione dell’autostima: un bambino che si sente amato, valorizzato e considerato “speciale” dal proprio caregiver, è un bambino che impara a percepirsi come una persona forte e competente, degna di cure e amore. Inoltre, il legame di attaccamento ha un ruolo fondamentale sul modo in cui il bambino da adulto interagirà con il mondo esterno. Una buona qualità dell’attaccamento fornisce al bambino una base sicura su cui poter contare in caso di bisogno e da cui poter partire per esplorare il mondo. Fornisce, quindi, i primi importanti strumenti con cui il bambino può iniziare a costruire la sua indipendenza.

Altri fattori, spesso correlati ad una migliore qualità dell’attaccamento, sono una buona regolazione emotiva, un migliore funzionamento sociale e più elevate abilità cognitive. Alcuni studi, invece, mostrano come diverse forme di attaccamento insicuro siano associate a rigidità emotiva, difficoltà nelle relazioni sociali, nelle capacità attentive e nell’empatia. L’insicurezza nell’attaccamento, inoltre, è stato mostrato essere un fattore predisponente per l’insorgenza di alcuni disturbi psicologici, con esordio soprattutto in adolescenza, tra i quali l’ansia, la depressione, i disturbi alimentari e nei casi più gravi anche i disturbi psicotici o alla presenza di un trauma dell’attaccamento. Chi presenta uno stile di attaccamento disorganizzato, inoltre, può sviluppare sintomi dissociativi e di depersonalizzazione.

In conclusione, esaminare la Teoria dell’attaccamento e gli aspetti ad essa connessi ci porta a considerare anzitutto il concetto di accudimento come non unicamente riferibile al soddisfacimento dei bisogni fisiologici primari, ma anche e in particolar modo, all’adeguatezza della risposta fornita ai bisogni emotivi e affettivi del bambino. Un caregiver responsivo, sensibile e attento consentirà al bambino di sperimentare emozioni positive e di fiducia in se stesso e nell’altro, aiutandolo ad affrontare in modo adattivo ogni situazione nuova che incontrerà sul suo percorso e a diventare un adulto sicuro, capace di instaurare relazioni soddisfacenti sia amicali che romantiche.

Infatti le differenze nel sentire amoroso di ognuno sono funzione delle esperienze precoci con la propria figura d’attaccamento (non necessariamente la madre) e dei modelli interni che da queste derivano. John Lee ha individuato diversi stili amorosi che ben si sposano con la teoria dell’attaccamento, ma questa è un’altra storia che potremo approfondire in un altro articolo.


Questo articolo vuole essere informativo e non uno strumento di autodiagnosi, se ti senti in difficoltà su qualche aspetto non esitare a contattarmi, rifletteremo insieme su quale potrebbe essere la strada più adatta a te.


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